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La Malattia

                                                                                 Basi genetiche della patologia

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Lo   xeroderma   pigmentoso   (XP)   è   una   patologia   a   trasmissione   autosomica   recessiva

caratterizzata da ipersensibilità alla luce solare nelle zone foto-esposte del corpo (cute, bocca ed

occhi), discromie cutanee, alta predisposizione e precoce comparsa di lesioni precancerose e di

tumori   (principalmente   carcinomi   basocellulari   e   spinocellulari   e   melanomi),   a   cui   si

accompagnano nel 30% circa dei casi disturbi neurologici progressivi. La gravità dei segni clinici

e l’età di esordio sono molto variabili e dipendono dal gene responsabile della patologia.

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Lo xeroderma pigmentoso è causato da mutazioni in uno di otto geni coinvolti nei due sistemi

che operano nelle cellule umane in seguito alla comparsa sul DNA di lesioni indotte dalla luce

ultravioletta (UV). Sette geni denominati da  XPA  a  XPG  codificano proteine coinvolte nella

riparazione per escissione di nucleotidi (NER), l’unico meccanismo che nelle cellule umane è in

grado di rimuovere le lesioni che alterano la struttura a doppia elica del DNA, come appunto i

principali   danni   indotti   dalla   radiazione   UV.   L’ottavo   gene,   denominato  XPV  in   quanto

responsabile della forma variante di XP, codifica la proteina che è in grado di replicare il DNA

contenente lesioni indotte da UV. L’inefficienza in uno di questi sistemi causa l’accumulo di

mutazioni nel genoma delle cellule determinando l’alta predisposizione all’insorgenza di tumori

nei pazienti XP che si espongono alla luce solare.

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La   diagnosi   della   patologia   si   basa   sui   sintomi   clinici   ed   è   confermata   dalle   analisi   di

sequenziamento del DNA e da test cellulari che individuano i difetti della riparazione del DNA.

Questi ultimi includono l’analisi dei livelli di sintesi non programmata di DNA (UDS) e di

sopravvivenza   cellulare   dopo   esposizione   alla   luce   UV   dei   fibroblasti   cutanei   in   coltura.

Riduzione di UDS e ipersensibilità agli effetti letali degli UV confermano la diagnosi

                                                                                                          Attuali terapie

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  • Ad oggi non esistono terapie per una cura risolutiva dello xeroderma pigmentoso (XP) e per

    “guarire” le cellule dei pazienti affinché riparino i danni al DNA causati dalla luce ultravioletta

    (UV).

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  • Ciononostante è possibile adottare azioni preventive atte a limitare l’insorgenza e la 

    progressione dei tumori cutanei. La fotoprotezione rappresenta il metodo più efficace: evitare 

    l’esposizione alla luce solare e proteggersi con appositi indumenti e/o filtri/schermi protettivi 

    sono gli accorgimenti principali per prevenire la formazione di lesioni causate dai raggi UV nel 

    genoma delle cellule cutanee. Per questa ragione si consiglia ai pazienti di evitare il più possibile 

    di uscire all’aperto nelle ore di luce, anche quando il sole è nascosto dalle nuvole. Creme solari 

    con alto fattore di protezione, occhiali da sole, cappelli, guanti, maschera e indumenti che 

    filtrano le radiazioni UV aiutano a proteggere la pelle. Quando il paziente è all’interno dei locali,

    le finestre dovrebbero essere schermate con filtri/pellicole che assorbono le radiazioni UV. Le 

    lampadine interne dovrebbero essere monitorate e quelle che emettono anche minime quantità di 

    radiazioni UV sostituite. L'aspettativa di vita aumenta nei pazienti che evitano la luce solare e 

    che si sottopongono a regolare follow-up per valutare e trattare i tumori cutanei.

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  • La prognosi è 

    buona nei pazienti che non presentano disturbi neurologici e si proteggono scrupolosamente dai 

    raggi UV. Tuttavia, i disturbi neurologici che a volte sono associati a questa patologia sono

  • progressivi e possono ridurne l'attesa di vita. Anche un’adeguata assistenza psicologica è 

    suggerita essere utile sia al paziente che ai familiari.

    È importante ricordare che la mancata esposizione alla luce solare causa nell’uomo una carenza 

    dei livelli di vitamina D che potrebbero causare patologie ossee e demineralizzazione.

  • Per prevenire questo effetto, la vitamina D viene solitamente prescritta ai pazienti.

    Per limitare la disseminazione delle cellule tumorali i pazienti XP devono essere regolarmente 

    visitati da dermatologi ed oculisti. In passato si è utilizzata una terapia orale con elevati dosi di 

    acido retinoico (isotretionina) per prevenire la formazione di carcinomi cutanei nei pazienti XP. 

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  • Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia di questo trattamento, che utilizzato ad elevate dosi 

    presenta però effetti collaterali indesiderati, tra cui anomalie scheletriche ed effetti tossici a l

    ivello della mucosa. L’interruzione del trattamento causa inoltre la comparsa di nuovi e 

    numerosi tumori cutanei. Per questa ragione questo tipo di trattamento è stato negli ultimi anni 

    abbandonato.

    Raramente si utilizza la dermo abrasione sia essa meccanica o chimica per rimuovere gli strati più 

    superficiali della pelle. Il trattamento con laser invece sembra ridurre l’incidenza dei tumori non 

    melanomi aumentando gli intervalli di tempo liberi da tumore. Solitamente le lesioni cancerose 

    vengono rimosse mediante interventi chirurgici o microchirurgici che sono condotti nella 

    maggior parte dei casi in anestesia locale. 

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  • Poichè i pazienti XP sono ipersensibili ai possibili effetti ionizzanti dei raggi UV, si sono 

    utilizzati con cautela i raggi X a scopo terapeutico (radioterapia). Il trattamento è stato comunque 

    riportato con successo in rari casi di carcinoma spinocellulare.

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  • La Fototerapia prevede l’utilizzo di una crema contenente sostanze fotosensibilizzanti che, dopo 

    attivazione con una speciale fonte di luce, causano reazioni fototossiche nelle cellule proliferanti 

    causandone la morte. Poiché le cellule tumorali solitamente presentano un elevato grado di

    proliferazione, questa tecnica permette l’eliminazione delle cellule tumorali nelle prime fasi di 

    formazione del tumore. ALA è un precursore della protoporfirina IX e rappresenta uno degli 

    agenti fotosensibilizzanti utilizzati con maggior successo nel trattamento del carcinoma 

    spinocellulare nei pazienti XP. L’attivazione di ALA si ottiene con luce rossa e blu (tra 417 e

    432 nm) che potrebbe però causare ulteriori danni nelle cellule della cute dei pazienti 

    peggiorandone la situazione. Ciò è stato infatti riportato in alcuni specifici casi.

  • L’esposizione delle cellule a luce in questo intervallo di lunghezza d’onda causa infatti un aumento dei danni ossidativi che, in alcune forme di XP, sono riparati con ridotta efficienza

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  • Le pomate o le creme ad uso topico rappresentano terapie medicamentose locali. Imiquimod è 

    considerato un modulatore della risposta immunitaria che è risultato efficace nel trattamento di 

    lesioni precancerose e nei tumori non melanoma, in particolare i carcinomi basocellulari. 

    L’utilizzo di questa crema può migliorare la cheratosi e le regioni di iperpigmentazione anche se 

    l’applicazione ripetuta causa una forte reazione locale cutanea infiammatoria. Per questa ragione 

    solitamente si effettuano cicli di trattamento. Un’altra terapia medicamentosa è rappresentata dal

    5-fluorouracile, un analogo dell’uracile che agisce da chemioterapico causando la morte dellecellule proliferanti. Il 5-fluorouracile è stato utilizzato con efficacia nel trattamento topico della cheratosi attinica e dei carcinomi basocellulari superficiali.

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  • L’immunoterapia che utilizza anticorpi diretti contro le cellule tumorali al fine di attivare il 

    sistema immunitario a riconoscere e combattere il tumore, si è recentemente rivelata efficace per 

    alcune forme di cancro come il melanoma metastatico migliorando così la vita di molti pazienti.

    Non tutti i pazienti rispondono però positivamente a questo tipo di terapia.

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  • Ulteriori studi sono quindi necessari per la messa a punto di strategie atte a migliorare 

    l’aspettativa e la qualità di vita dei malati e per la definizione di protocolli terapeutici risolutivi

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